Da novembre 2011 a marzo 2014 sono passati poco più di 2 anni, sembra un’eternità. In questo periodo i titoli dello Stato italiano, i Buoni Poliennali del Tesoro in particolare, sono passati da “titoli spazzatura” a strumenti di massima affidabilità. Lo spread, il famigerato differenziale di rendimento rispetto ai titoli decennali tedeschi, è passato da oltre 500 punti a meno di 200.
Cosa è accaduto? Lo Stato Italiano ha improvvisamente sistemato i propri conti e ridotto il debito pubblico?
A gennaio 2014 lo stock del debito pubblico italiano ha toccato quota 2.089 miliardi, aumentando di 20,5 miliardi in un solo mese. Secondo l’agenzia di rating Fitch, la ripresa in Italia sarà stagnante. Nel suo “Global Economic Outlook”, l’agenzia di rating dedica un capitolo all’Italia, nel quale rileva che dopo due anni consecutivi di contrazione, il Pil nel 2014 registrerà una modesta crescita dello 0,6% e dell’1% nel 2015. Dati poco confortanti quindi. Il dubbio che la salita dei prezzi dei titoli di Stato italiani (oltre il 30% da novembre 2011 per i decennali) sia dovuto più all’eccesso di liquidità in circolazione che non ai fondamentali dell’emittente Italia è legittimo.
Può essere opportuno vendere i titoli in portafoglio ora, senza attendere la scadenza, e consolidare le plusvalenze? E dove investire la liquidità rinvenente?
Sono domande per le quali non esiste una risposta univoca. Possono essere opportune alcune riflessioni:
1- Valutare l’attuale rendimento a scadenza offerto dai titoli, senza soffermarsi sulla cedola. Per esempio, supponiamo di avere in portafoglio un BTP con scadenza 1.5.2023, comprato a 100, con cedola fissa 4.5%. Al prezzo attuale di 110 il rendimento a scadenza è pari a 2.7%. Significa che, con la plusvalenza incassata e reinvestita, guadagnando il 2.7% annuo si ottiene il medesimo risultato di tenere il titolo sino a scadenza, evitando il rischio di un calo delle quotazioni.
2 – Verificare la presenza di eventuali minusvalenze pregresse in scadenza. Le minusvalenze presenti nel proprio portafoglio sono compensabili con eventuali plusvalenze nell’arco di 4 anni. In assenza di plusvalenze le minusvalenze decadono. Può essere un’opportunità, in quanto consente di ridurre o azzerare il capital-gain da versare al fisco (il 20% sul 62.5% della plusvalenza realizzata per i titoli di stato, per le altre obbligazioni è il 20% – a breve il 26% – sull’intera plusvalenza).
Tali informazioni possono essere reperite on-line se si dispone di un servizio internet banking collegato al proprio deposito titoli, oppure possono essere richieste alla banca. Sono nominative, quindi in caso di deposito cointestato, occorre verificare l’esatta intestazione.
3 – Dove investire la liquidità? Può essere opportuno un “parcheggio” a breve scadenza (3-6 mesi) su strumenti a rendimento certo e capitale garantito come per esempio i conti deposito. Per districarsi nel labirinto delle offerte tra banche on-line e banche tradizionali e scegliere il prodotto con il miglior rapporto qualità-prezzo può essere utile ricorrere all’aiuto di un consulente indipendente, privo di conflitti di interesse. Un’altra soluzione può essere l’utilizzo di prodotti assicurativi a capitale garantito con investimento degli attivi in gestioni separate. Anche in questo caso esistono sul mercato moltissimi prodotti di diverse compagnie, alcuni validi, altri molto penalizzanti dal punto di vista dei costi (ingresso, gestione, riscatto). Anche questo caso, a maggior ragione, è bene rivolgersi ad un esperto, in grado di interpretare i prospetti informativi, per evitare sorprese. Meglio evitare le polizze che investono in fondi senza alcuna garanzia del capitale versato.