Secondo un sondaggio condotto da RBS (Royal Bank of Scotland) solo il 4% degli intervistati ritiene che il “Quantitative easing” annunciato da Draghi il 22 gennaio riuscirà a risollevare l’economia europea. In realtà alcuni benefici saranno possibili, forse non gli stessi avuti negli Stati Uniti, a causa di alcune differenze che persistono tra le due economie.
Uno degli effetti positivi può essere il deprezzamento dell’euro, quale conseguenza della maggior quantità di moneta in circolazione. Con tale manovra infatti la BCE stampa nuova moneta e acquista sul mercato titoli di Stato o altre obbligazioni. L’effetto era già stato anticipato dai mercati nelle scorse settimane (negli ultimi sette mesi l’euro ha perso circa il 16% sul dollaro). La svalutazione dell’euro offre un sostegno alle esportazioni dell’UE. Si pensi che l’Italia basa il 30% del PIL proprio sulle esportazioni.
L’altro effetto positivo è rappresentato dal calo dei tassi di interesse, anche questo già in parte anticipato dai mercati finanziari. I titoli di Stato italiani hanno raggiunto rendimenti ai minimi storici, è da valutare quale ulteriore spazio di riduzione sia possibile. I tassi a breve scadenza, che determinano i tassi variabili dei mutui sono già da qualche settimana a zero o poco sopra. Ciò favorisce chi ha rate di mutuo a tasso variabile da pagare, e quindi indirettamente i consumi e l’economia reale.
A fronte di questi due vantaggi, i limiti che la manovra può incontrare sono legati a due fattori. Mentre negli Stati Uniti le grandi aziende si finanziano (circa per l’80%) direttamente sui mercati finanziari, in Europa le PMI si finanziano (fino al 90%) tramite il canale bancario. Quindi negli Stati Uniti le aziende hanno tratto un beneficio immediato dall’aumento di liquidità in circolazione, che ha permesso di collocare facilmente le proprie obbligazioni emesse. In Europa è necessario che le banche riducano il costo dei finanziamenti ed aumentino le erogazioni a favore delle PMI. L’effetto quindi potrebbe essere molto più lento e blando.
Altra differenza: negli Stati Uniti il “Quantitative easing” è stato accompagnato da manovre statali volte ad aumentare la spesa pubblica, per favorire l’occupazione, i consumi e quindi l’economia.In Europa la manovra monetaria rischia di rimanere isolata, in quanto “schiacciata” dai parametri imposti dall’UE ai vari paesi che impediscono o limitano politiche statali volte ad aumentare gli investimenti pubblici.
Per questi motivi quello che è stato definito il “bazooka” di Mario Draghi potrebbe risultare molto meno efficace di quello utilizzato negli Stati Uniti.