Il 15 settembre 2013, in occasione del quinto anniversario del fallimento della banca Lehman Brothers, Il settimanale TIME titolava in copertina: «Come Wall Street ha vinto. Cinque anni dopo il crollo, potrebbe accadere di nuovo». A fianco un toro in festa, simbolo del rialzo della borsa. Un avvertimento contro gli eccessi dei mercati sostenuti più dalla liquidità in circolazione che dai fondamentali dell’economia? Forse.
I fatti dicono che, a sei mesi di distanza, il rialzo dei mercati finanziari, ad eccezione dei Paesi Emergenti, sembra non avere fine. I grandi investitori sembrano seguire il detto del guru George Soros: «C’è solo una cosa peggiore che uscire troppo tardi da un investimento: è uscire troppo presto».
Molti indici borsistici mondiali viaggiano sui massimi di sempre, le obbligazioni aziendali ad alto rischio (Junk Bond) hanno rendimenti ai minimi di sempre. Le banche d’affari sono tornate a fabbricare titoli tossici attraverso la cartolarizzazione dei mutui subprime (concessi a clienti di dubbia affidabilità).
L’economia mondiale sembra in ripresa, trainata dalla locomotiva USA. La liquidità sembra non mancare anche per il 2014. Se la FED, la banca centrale americana ridurrà la massa monetaria in circolazione, sarà la banca centrale giapponese a fornirne di nuova : 900 miliardi di dollari è la previsione per il 2014.
Sembra una situazione idilliaca: economia in ripresa e liquidità infinita. Secondo Morya Longo, giornalista de Il Sole 24 Ore sembra realizzarsi il sogno degli investitori: «E’ come avere contemporaneamente la botte piena e la moglie ubriaca». Lo stesso Longo in un articolo di venerdì 7 marzo sottolinea i rischi dell’attuale situazione: «Non serve un esperto per capire che si tratta di una grande speculazione, fomentata dalle banche centrali disposte a giocare ogni carta pur di riportare la crescita economica. La loro speranza è che i mercati possano trainare, come in parte stanno facendo, l’economia reale […]. In compenso aumenta il rischio di bolle. Janet Yellen, poco prima di diventare presidente della FED, ha dichiarato: “Non vedo bollenei principali asset finanziari”. Ci auguriamo che abbia ragione. Il timore, però, è che non le veda solo perché ci si è seduta sopra…».
Anche Thomas Lamont della JP Morgan, in una lettera inviata all’allora presidente Hoover, per rassicurarlo sui possibili eccessi della borsa americana, esprimeva le stesse considerazioni della Yellen. Era il 1929, pochi mesi prima del grande crollo. In tempi più recenti, febbraio 2000, poco prima dello scoppio della bolladella new-economy, tornano alla memoria alcuni titoli dei quotidiani finanziari di allora: «Uscire adesso dai mercati? Una follia!».
La sensazione è che, analizzando situazioni analoghe accadute in un passato più o meno lontano, oggi siano presenti sui mercati finanziari molti ingredienti tipici di una bolla speculativa. E’ come essere in una stanza piena di gas: basta una piccola scintilla per fare esplodere tutto.